Sul voto francese ed alcune anomalie

da | Lug 21, 2024 | Politica Internazionale

(Parte 2) À la gauche, la situazione è certamente più positiva, ma non per questo rosea: il NFP ha vinto il maggior numero di collegi pur registrando il 25,68% delle preferenze, smontando quindi il mito dell’onda rossa che avrebbe spazzato via il pericolo nero. Inoltre, vanno osservati i rapporti di forza tra i partiti che compongono la coalizione: La France Insoumise (LFI), Les Écologistes (EELV), Partito socialista (PS) e Partito comunista francese (PCF) sono solo gli azionisti di maggioranza del Nuovo Fronte Popolare, al quale partecipano diverse compagini minori; eppure, anche in questo caso ci troviamo davanti a delle anomalie (negative e positive).

La France Insoumise, partito di Mélenchon, sembra essere l’organizzazione trainante della coalizione, tanto che dopo la pubblicazione ufficiale dei risultati è stato il suo stesso leader a chiedere le dimissioni del primo ministro Gabriel Attal e la formazione di un governo monocolore di sinistra. In toni che ben si confanno al suo personaggio, ha rifiutato qualunque accordo con la coalizione centrista, rivendicando una vittoria totale (pur senza raggiungere la maggioranza dei seggi necessari per costituire un governo di maggioranza). Mélenchon è ben noto per uscite sconvenienti e spesso provocatorie, che coinvolgono la reputazione del suo partito ed i suoi iscritti. Di recente, infatti, LFI è stata accusata di essere un vettore per l’antisemitismo in chiave di sostegno alla causa palestinese, generando non poco scompiglio già durante la campagna elettorale per le europee. Le dichiarazioni di Mélenchon sul 7 ottobre hanno infatti messo in cattiva luce il leader di LFI, che ha dovuto barcamenarsi tra smentite e condanne per scrollarsi di dosso le accuse, preoccupando e non poco anche gli alleati di sinistra.

D’altra parte, il Parti Socialiste ha vissuto un vero e proprio miracolo: dopo i tragici risultati del 2017 e del 2022, il PS torna a giocare un ruolo attivo all’interno della politica francese, creando una specie di alternativa alla stessa LFI. Il partito di Mélenchon è infatti percepito come estremista, troppo radicale; al contrario, il nuovo PS riesce a portare avanti una proposta di sinistra istituzionalizzata, più rassicurante. Ciò ha determinato lo sviluppo di relazioni non proprio pacifiche con l’LFI, tuttavia normalizzate dall’incombenza elettorale. La presenza di un PS forte nella coalizione di sinistra permette di immaginare lo sviluppo di politiche non eccessivamente radicali, lasciando presagire ad un ruolo conciliatorio tra il NFP e la coalizione macronista.

In ultima battuta troviamo Ensemble, la coalizione centrista e liberaldemocratica del presidente Macron, formata dall’unione tra Renaissance, Mouvement Democrate e Horizons. Fin dalla chiamata al voto, diversi opinionisti ed esperti avevano iniziato a fare riferimento a queste elezioni come al canto del cigno del macronismo, prevedendo un ritorno al bipolarismo tetra-partitico e la scomparsa del movimento centrista. In effetti, non poche cose lo lasciavano pensare: la crescente impopolarità di Macron, in primo luogo, lasciava credere ad una difficile ripresa di gradimento dell’intero movimento; in secondo luogo, l’anomalia del macronismo: prima del 2017, il sistema partitico francese era organizzato su un sostanziale bipolarismo incarnato da quattro partiti (due di destra e due di sinistra). L’elezione di Macron nel 2017 ha portato ad una rottura del sistema, indebolendo il polo di sinistra. La ripresa, in termini elettorali, del NFP avrebbe dovuto comportare a rigor di logica la scomparsa di En, che invece si assesta come seconda forza politica del Paese per numero di seggi conquistati, pur ottenendo solo il 23,14% delle preferenze nei voti del secondo turno. Un risultato quasi stravagante, che permette alla coalizione presidenziale di potersi dichiarare “non perdente”. Convocando le elezioni, Macron ha corso un rischio calcolato: il migliore dei risultati possibile è esattamente ciò che è andato concretizzandosi, vedendo indebolito ma non scomparso il proprio bacino elettorale, permettendogli di giocare un ruolo attivo e decisivo in una fase politica instabile e dinamica. Da qui potrebbe preparare un rilancio del proprio movimento guardando alle elezioni del 2027, ma pare forse troppo ottimistico pensare che la manovra del presidente francese sia la mossa di un piano a lungo termine volto a spezzare nuovamente le sinistre per presentarsi, al prossimo voto, come unico argine moderato alla destra di Le Pen e Bardella.

Riassumendo quanto detto finora, i risultati sono fuorvianti: com’è possibile che il RN, primo partito del Paese, abbia ottenuto meno seggi del NFP, pur staccandolo di quasi 12 punti? La risposta è duplice e vede due responsabili: il sistema elettorale ed il tacito accordo tra NFP e En. Quello francese è un sistema maggioritario uninominale a doppio turno, il che significa che un candidato, per essere eletto, deve ottenere il 50%+1 dei voti al primo turno o la maggioranza di essi al secondo. Superato il primo turno, tra NFP ed En è nato un tacito accordo, consistente nel ritirare dalla corsa ai seggi tutti i candidati con poche possibilità di vincere il ballottaggio. Di conseguenza, in molti collegi si è assistito ad un confronto diretto tra un candidato di RN ed uno di NFP o En, portando gli elettori delle forze centriste e di sinistra a convergere su qualunque candidato non lepenista. Il risultato è una distorsione, che ha portato il NFP ed En ad agire come un unico corpo elettorale, aumentando il numero di seggi ottenuti pur registrando un numero di preferenze nettamente inferiori al RN.

Le elezioni francesi sono indicate da molti come un modello da seguire: sappiamo come in Italia si parli ormai da anni della costituzione di un campo largo contro la destra, che però non viene mai ad essere. A ben vedere, però, le situazioni italiane e francesi sono abbastanza dissimili: nel Belpaese si parla di creare una coalizione unitaria che unisca tutte le forze politiche, da AVS e M5S fino ad IV ed Azione, mettendo insieme una varietà di soggetti incredibilmente diversi tra loro, che avrebbe come unico esito l’ingovernabilità; Oltralpe non si è costituito un campo unitario, ma le due maggiori coalizioni del Paese, tramite una conventio ad excludendum, hanno deciso di creare un muro che impedisse all’ultradestra scarsamente istituzionalizzata di assumere la guida del Paese. Il cosiddetto Fronte Repubblicano ha l’unico scopo di impedire la creazione di un governo potenzialmente suicida, razzista ed antieuropeista. Certo è che il Front Républicain non può essere la risposta alla marea nera: è apprezzabile ed anzi da sostenere in via emergenziale, ma le elezioni del 2027 non potranno essere condotte sul modello italiano; servirà un programma sostenibile, reale, concreto, capace di sottrarre terreno a RN e leggere lo scontento degli elettori che promuovono il programma lepenista. I prossimi 3 anni dovranno puntare nella stessa direzione, nel tentativo di dare una risposta al crescente malcontento che permette la crescita del RN.

Intanto, bisogna chiedersi quale sarà la struttura del governo: nel momento in cui questo articolo viene scritto, il presidente Macron ha appena accettato le dimissioni del primo ministro Attal, dopo averle rifiutate una prima volta chiedendo allo stesso di mantenere la carica al fine di dare stabilità al Paese in un momento di crisi politica. D’altra parte, i leader del NFP chiedono la convocazione di un governo di sinistra che possa attuare a pieno il programma della coalizione, incluse alcune proposte considerate particolarmente estremiste (come la patrimoniale al 90% per redditi superiori ai 400mila€). Tuttavia ancora non è chiaro chi sarà a guidare NFP al governo, mancando l’accordo tra socialisti e LFI, capeggiata da un Mélenchon sempre più isolato. Al momento, ci troviamo in una fase di forte ingovernabilità ed è difficile capire in che direzione andrà la Francia. La cohabitation tra NFP e En è per ora l’ipotesi più probabile, ma i colpi di scena e le anomalie potrebbero non essere finiti – compresa la nascita di un governo à l’italienne, ossia tecnico.

(A cura di Gabriele De Fazio)