Il prossimo 5 Novembre si terranno le elezioni per eleggere il prossimo presidente degli Stati Uniti d’America: gli sfidanti sono l’attuale vicepresidente Kamala Harris (Partito Democratico) e l’ex presidente Donald Trump (Partito Repubblicano). Sarà una sfida testa a testa. Dopo una crescita da parte di Kamala Harris, nelle ultime settimane The Donald ha fortemente recuperato. Gli attentati nei confronti di Trump hanno aiutato l’ex presidente a spostare su di sé l’attenzione e a riavvicinarsi alla Harris. A determinare il risultato finale – oltre al dibattito televisivo, dove la Harris è riuscita a rispondere alle fake news di Trump riguardo l’aborto e l’immigrazione – sarà la gestione Biden-Harris sia della crisi inflattiva e sociale post-Covid che dell’uragano Milton.
Un altro fattore d’incertezza sono gli stati dove i due candidati sono molto vicini: sono i cosiddetti Swing States, dove i due candidati concentreranno la maggior parte delle loro energie per cercare di strappare la nomination alla Casa Bianca. Questi stati sono la Pennsylvania (stato perennemente in bilico, dove i democratici al fine di un esito positivo dal dopoguerra a oggi hanno sempre vinto questo stato), il Wisconsin (diventato contendibile dopo che Trump vinse nel 2016), il Michigan, l’Arizona (dove Biden vinse nel 2020 nonostante fosse in mano repubblicana), la Georgia (solitamente roccaforte repubblicana, però nel 2020 Biden vi sconfisse Trump), la North Carolina e il Nevada.
Una vittoria della Harris o di Trump avrebbe enormi ripercussioni anche per quanto riguarda la politica estera. All’interno dell’Unione Europea un’eventuale vittoria di Trump viene vista come un pericolo da scongiurare. Uno degli ambiti in cui i due candidati sono più distanti è la politica estera. Per quanto riguarda il conflitto russo-ucraino, alcuni osservatori europei temono che Trump possa ridurre o interrompere gli aiuti all’Ucraina e proporre al presidente Zelensky di cedere alcuni territori (Crimea e Donbass) alla Russia. Invece, con una vittoria della Harris è lecito attendersi un mantenimento dell’attuale linea di sostegno all’ex repubblica sovietica.
Invece, quanto al conflitto israelo-palestinese una vittoria di Trump garantirebbe appoggio incondizionato allo stato d’Israele e si accentuerebbero ulteriormente le tensioni in quella zona. D’altra parte, l’elezione della Harris metterebbe alle strette il presidente Israeliano Netanyahu (anche se il supporto americano ad Israele non verrà mai a mancare).
In ambito commerciale le differenze tra i due candidati potrebbero non apparire così evidenti. Durante la sua presidenza Trump ha attuato una politica protezionistica, imponendo alte tariffe doganali sui prodotti importati dall’estero e andando contro il principio dell’apertura dei mercati. Sia con Trump che con Biden vi è stata una feroce guerra dei dazi contro la Cina, ma anche l’Europa non se l’è passata bene. Trump, in caso di una sua rielezione potrebbe introdurre una tassa del 10% sui prodotti esportati negli Stati Uniti e adottare dei dazi mirati per alcune merci in modo da creare una dinamica di rivalità e competizione tra i paesi europei. Un’elezione della Harris manterrebbe i regolari rapporti commerciali con l’Europa e il resto del mondo, mentre ci sarebbe continuità con le politiche di Biden sia in ottica anti-cinese sia per le misure che hanno portato ad uno stimolo della produzione interna (quest’ultima misura all’interno dell’UE è stata considerata come concorrenza sleale).
(A cura di Luca Di Bello)