La bassezza della politica in un asterisco

da | Lug 6, 2024 | Giustizia e Riforme

Le elezioni tenutesi nel Regno Unito giovedì 4 luglio, oltre a segnare un profondo cambiamento negli equilibri politici oltre-Manica, aprono la strada ad una serie di considerazioni sconfortanti sulla qualità della politica nostrana e sull’esigenza di una forza politica di riferimento per il mondo liberale, che solo in Italia non riesce a costituirsi. E’ sufficiente un’analisi del voto e dei profili delle figure politiche di primo piano per rendersi conto dell’abisso esistente dal punto di vista dei programmi e della qualità dei leader in campo. Nonostante segnali preoccupanti provengano anche da altri Paesi UE (Francia su tutti), la classe politica italiana appare oltremodo inadeguata e sempre più distante dalle esigenze del Paese e delle nuove generazioni, se confrontata con le nazioni a noi vicine, tra una maggioranza corporativista e un’opposizione inconsistente impegnata in battaglie grottesche.

Il Partito Laburista inglese ha conquistato 412 seggi sui 326 necessari a raggiungere la maggioranza assoluta all’interno del Parlamento, in crescita di ben 209 seats rispetto alla precedente tornata. Il tracollo dei Tories, passati da 367 seggi a 117 e in crisi di leadership a seguito delle dimissioni di Rishi Sunak, è riconducibile in primis all’incapacità di varare una ricetta economica efficace in un contesto di incertezza economica post-Covid (e post-Brexit), all’aumento delle tasse e ad una serie di scandali interni, che hanno danneggiato l’immagine del partito e portato all’avvicendarsi di cinque Prime Minister diversi nell’arco di 14 anni. Ottimo risultato per i Libdems, forza liberale del Regno Unito, legata al gruppo di ALDE/Renew Europe, in grado di conquistare ben 72 seggi (+64 rispetto alle precedenti elezioni), e crescita notevole da parte di Reform UK, l’ex Brexit Party, formazione populista e sovranista di destra, guidata da Nigel Farage, in grado di erodere consensi da destra ai Tories e di raggiungere il 14.5% (corrispondente però a soli 4 seggi).

Nonostante una serie problematiche interne, è desolante il confronto tra la situazione politica inglese e quella nostrana, anche con riferimento all’area liberale (o liberaleggiante). Il nuovo primo ministro, e leader del centro-sinistra britannico è l’avvocato sir Keir Starmer, colui che ha profondamente rinnovato i Labour. Più volte difensore di prigionieri condannati a morte in Paesi africani e nei Caraibi, Starmer ha emarginato gli estremisti anti-capitalisti e anti-semiti, tra cui il suo stesso ex-leader Jeremy Corbyn, spostando il partito verso il centro e promettendo un piano per rilanciare gli investimenti e la crescita nel Regno Unito, che gli ha consentito di recuperare la fiducia da parte della City finanziaria di Londra. Avversario della Brexit, Starmer ha dichiarato che rispetterà l’esito del referendum, ricercando rapporti più stretti e distesi con L’UE. A prescindere dai posizionamenti e dalle ideologie, va riconosciuto a Starmer la capacità di aver elaborato una proposta politica credibile e strutturata. Il tempo stabilirà se essa porterà i frutti sperati e se sarà in grado di garantire stabilità dopo anni di turbolenza. A fronte di una ricetta e di un profilo di questo calibro da parte dell’attuale leader della sinistra UK, in Italia il PD della radical-chic Elly non è in grado di andare oltre agli asterischi. La Festa dell’Unità di Roma, una tradizione per la sinistra italiana, è stata infatti ribattezzata “Festa dell’Unit*”, e non è un errore di digitazione, in nome dell’inclusività. Questa assurda scelta dell’asterisco esemplifica al meglio il degrado e l’incapacità da parte di almeno metà dell’arco costituzionale italiano di varare proposte sensate al di là degli slogan sul “fascismo”, certamente presente in alcune formazioni come recentemente emerso su alcuni media, dell’attuale partito di maggioranza relativa. Se oltre la Manica si discute di riforme e crescita, l’elemento caratterizzante del principale partito italiano di opposizione sono oggi asterischi e schwa. Il nulla.

E i partiti afferenti ad ALDE/Renew Europe? Buio completo e stracci che volano. Se nel Regno Unito i Libdems sono stati in grado di assicurarsi 72 seggi, grazie ad una classe dirigente rinnovata e ad una strategia elettorale efficace, che è ciò che vorremmo vedere in Italia, i leader di Azione, Italia Viva e +Europa non appaiono in grado di ridare linfa ad un’area che alle ultime elezioni europee non è riuscita, purtroppo, a eleggere nemmeno un eurodeputato. Calenda ha recentemente invitato il PD a farsi promotore di un campo largo comprendente Azione, M5S e AVS, in nome dei diritti sociali. Di quali diritti si tratti nello specifico, nessuno lo sa. Tanto più che questo fronte unitario comprenderebbe forze largamente pro-Pal, filoputiniane e pro-decrescita, che rappresentano quanto di più lontano ci sia dallo spirito liberale. Renzi ha ventilato la possibilità di una Margherita 2.0 che guardi al PD a guida Schlein, il che ha causato il risentimento di Calenda, sempre contrario a sforzi congiunti con l’ex premier fiorentino. Magi, analogamente, ha aperto a un dialogo con AVS e PD, nonostante le riconosciute differenze programmatiche, pur di dare contro alla maggioranza corporativa e anti-europea, facendo storcere il naso a una larga parte di militanti che mai vorrebbero apparentarsi con formazioni di quel genere. E nel centro-destra, mentre i Tories si stanno impegnando in un processo interno di rinnovamento, Forza Italia, che pure ha registrato un risultato notevole alle europee, non sembra per ora in grado di andare oltre al necromantico utilizzo del cognome “Berlusconi” nel proprio simbolo.

In questo scenario grottesco, dà speranza la lettera di Enrico Costa e Luigi Marattin, irriducibili sostenitori dell’esigenza di una forza liberale alternativa al bipolarismo, dalla leadership contendibile, che parli di temi concreti, su tutti fisco e giustizia. A parere di chi scrive, una profonda riforma fiscale, una ricetta business-friendly che responsabilizzi gli enti locali e consenta di attrarre investimenti dall’estero e generi una crescita salariale deve essere prioritaria all’interno di un programma liberale, vista la crisi demografica e il fardello di debito con cui le nuove generazioni dovranno convivere per tutta la vita. E invece no. I nostri leader si perdono tra asterischi, schwa, dispetti infantili e slogan personalistici (“scrivi Giorgia”), senza la capacità di elaborare alcunché di concreto. E a farne le spese saranno, ancora ed oggi come sempre, le prospettive di crescita del nostro Paese, le opportunità per i giovani che continueranno a fuggire all’estero, e le nostre tasche. Evviva.

(A cura di Riccardo Ferri)