Liberalizzazione: il sistema dei trasporti ferroviari è tradizionalmente considerato una proxy del livello di modernizzazione raggiunto da un paese nonché del livello di efficienza espresso dalle sue istituzioni. Il settore dei trasporti viene visto come “generatore di sviluppo” e di progresso economico-industriale di un paese, basato sulla dotazione infrastrutturale di reti e di mezzi di comunicazione. In tale contesto l’ampliamento dei mercati di approvvigionamento, la riduzione dei tempi inerzia del ciclo di vita del prodotto e la possibilità di effettuare economie di scala, hanno come principale ricaduta la drastica contrazione dei costi di produzione e, come effetto derivato, l’allargamento della base sociale dei potenziali concorrenti e dei possibili consumatori. Per queste ragioni, i trasporti ferroviari hanno da sempre costituito un’area settoriale in cui l’intervento dei pubblici poteri, nelle loro articolazioni istituzionali e territoriali, è sempre stata particolarmente saliente, anche nei sistemi economici più inclini alla accettazione dei paradigmi neoliberisti; inoltre presenta l’innegabile vantaggio, rispetto ad altri mezzi di trasporto, di essere non inquinante dando un contributo sostanziale allo sviluppo del trasporto sostenibile.
Analizzando il tema della liberalizzazione del trasporto ferroviario dobbiamo sicuramente comprendere e per far ciò avere chiari, seppure in maniera schematica, i così detti “pacchetti infrastruttura”; I quali ci aiuteranno a comprendere meglio le logiche che stanno alla base delle proposte portate avanti dall’Unione Europea in questi ultimi anni.
L’Unione Europea intervenne nella regolamentazione della rete ferroviaria degli Stati membri sin dalla sua fondazione attraverso politiche di abolizione degli accordi restrittivi della concorrenza e degli abusi di posizione dominante; per fare ciò attuò un maggior controllo delle concentrazioni tra imprese superando così le logiche monopoliste, talvolta anche statali, limitando gli aiuti di stato ad aziende controllate o meno. Il legislatore europeo si è da sempre posto il problema di come risolvere la situazione dei monopoli all’interno dei singoli stati membri, trovando un primo ostacolo nella formazione di una infrastruttura di trasporto concorrente rispetto a quella statale.
Pertanto, l’obbiettivo primario è stato quello di creare condizioni di concorrenza direttamente sull’attività commerciale svolta grazie alla rete ferroviaria di proprietà dello stato membro. Più nello specifico optando per la separazione dell’infrastruttura sulla quale veniva svolta l’attività (che rimanendo sotto la gestione diretta dello stato o di una società da esso controllata) dalle iniziative economiche private in concorrenza.
Iniziamo soffermandoci sulle direttive comunitarie n. 91/440/CEE, n. 95/18/CEE e n.95/19/CEE le quali riguardano i primi interventi legislativi in termini di liberalizzazione del trasporto ferroviario e che propongono la separazione tra la gestione della rete e dell’attività commerciale su di essa svolta, l’obbligo di istituire un organismo indipendente ai fini della regolamentazione della concorrenza e la completa liberalizzazione del trasporto europeo delle merci che sarebbe dovuto avvenire entro il 2008. La direttiva comunitaria n. 440 del29 luglio 1991 segna però il primo passo nel processo di liberalizzazione del settore dei trasporti ferroviari. Rappresenta la fase iniziale di un processo di regolamentazione tra pubblici poteri e imprese di trasporto con l’obiettivo di poter operare in condizioni di massima indipendenza organizzativa e gestionale concorrendo sul mercato come delle “libere” aziende private. Essa ha consentito l’apertura dei mercati ferroviari nazionali basandosi su di una logica a “meccanismi concorrenziali progressivi”; Una prima fase di deregolamentazione seguita da una successiva regolamentazione del settore, al fine di creare delle condizioni minime di operatività sul mercato, per giungere alla formazione di un effettivo regime di libera concorrenza. Risulta necessario comprendere che tale sviluppo della libera concorrenza comunitaria, poteva avvenire soltanto se la direttiva avesse rispecchiato il principio di separazione del servizio di trasporto dalla gestione dell’infrastruttura ferroviaria, la quale, data la sua natura di monopolio naturale, sarebbe stata difficile da riportare ad una forma di competitività e liberalizzazione conseguente. Tale separazione ha da sempre costituito l’obiettivo minimo che si intendeva perseguire con la sopracitata normativa.
La successiva direttiva 95/19, infine, introdusse un ulteriore requisito indispensabile per poter accedere all’infrastruttura ferroviaria che consisteva nell’ottenimento da parte delle imprese ferroviarie di apposito certificato di sicurezza rilasciato dall’organo designato dallo Stato membro in cui si trova l’infrastruttura utilizzata. Tal certificato avrebbe attestato il rispetto di determinati standard per il rispetto della sicurezza del servizio di trasporto. Scopo della direttiva era quello di introdurre un complesso di regole comuni a tutti gli stati membri per accelerare il processo di liberalizzazione del mercato attraverso la progressiva apertura della rete ferroviaria transeuropea ad ogni impresa che effettuasse servizi di trasporto internazionale delle merci.
Con le direttive n. 12/2001, 13/2001 e 14/2001 il legislatore comunitario introdusse quello che viene definito il “primo pacchetto infrastruttura”, intervenendo essenzialmente sull’architettura normativa delineata dalle direttive del decennio precedente. Il pacchetto infrastruttura, volto ad introdurre norme eque di accesso, di tariffazione e di ripartizione della capacità infrastrutturale, imponeva una netta distinzione tra chi era chiamato a definire le regole del gioco e i vari attori economici, garantendo così la parità di condizioni per l’accesso (e una maggiore contendibilità) al mercato. Si stabiliva che l’accesso alle reti ferroviarie nazionali degli Stati membri dovesse essere garantito in termine di equità a tutti gli operatori che ne avessero voluto sfruttare le opportunità di guadagno e di investimento.
Il secondo pacchetto di liberalizzazione viene ufficialmente emanato nel 2004 tramite Direttive europee che avevano l’obbiettivo di favorire una maggiore interoperabilità dei sistemi ferroviari nazionali, una apertura delle reti e la conseguente istituzione dell’Agenzia ferroviaria europea (un’autorità indipendente da imprese e Stati membri volta a garantire il regolare funzionamento del mercato concorrenziale).
Particolarmente importante divenne l’approvazione del Regolamento 2004/881 che istituendo l’Agenzia ferroviaria europea contribuì sul piano tecnico all’attuazione della normativa comunitaria finalizzata al miglioramento e sviluppo della concorrenza del settore ferroviario; Potenziando inoltre il livello di interoperabilità dei sistemi di trasporto e favorendo un approccio comune in materia di sicurezza e garantendo delle infrastrutture che non avessero frontiere.
Terzo pacchetto di liberalizzazione riguardava invece l’elaborazione e il rilascio delle certificazioni per i macchinisti in base a standard qualitativi e di competenze che fossero equi su scala europea; L’elaborazione, il rilascio e il controllo delle licenze da parte di un’autorità europea indipendente per l’attività sulle reti ferroviarie nazionali avrebbe consentito così l’espletamento del servizio in base a requisiti di capacità finanziaria, competenze specifiche e livello del servizio.
Il quarto pacchetto ferroviario venne lanciato il 1º gennaio 2014. Stabiliva l’ampliamento della rete centrale di trasporto dell’UE avente lo scopo di: Eliminare le strozzature e realizzare collegamenti transfrontalieri; Aprire uno spazio ferroviario europeo unico dell’alta velocità per favorire la competitività e la crescita della libera concorrenza; Favorire il libero accesso al mercato da parte di tutte le imprese internazionali (entro il 2020); Ridurre i tempi di accesso e de-burocratizzare gli adempimenti del mercato del trasporto ferroviario (con risparmio complessivo stimato in 500 milioni di euro per il quinquennio 2020-2025); Miglioramento in termini di efficienza e diversificazione del servizio offerto nei confronti dei consumatori finali.
Lo scopo delle direttive emanate dalla Commissione Europea è stato quello di creare non soltanto uno spazio unico europeo per il trasporto ferroviario, ma anche aprire il mercato a soggetti esterni, con la convinzione che questo potesse condurre ad un miglioramento della qualità dei servizi e ad un aumento dell’offerta. Auspicandosi di aumentare la domanda, spostando così significative quote di mercato verso il trasporto ferroviario contrastando anche i problemi ambientali e di conseguenza migliorando la mobilità sostenibile e sostituendo le altre modalità di trasporto, in particolare quello su gomme.
In Italia nel corso degli anni si è sviluppata l’Alta Velocità che ha migliorato la competitività del trasporto ferroviario rispetto agli altri mezzi di trasporto, grazie alla diminuzione dei tempi di percorrenza. Successivamente con l’arrivo della libera concorrenza all’interno del settore stesso, la situazione è mutata, ampliando la domanda da parte dei passeggeri e quindi aumentando la quota di mercato del trasporto ferroviario. La concorrenza diretta tra gli operatori Ferroviari ha portato ad un sensibile miglioramento della qualità del servizio, un aumento nella frequenza giornaliera dei collegamenti e una diminuzione nel costo del biglietto.
A testimonianza dell’importanza e degli ottimi risultati del processo di liberalizzazione, avvenuto in questi anni in Italia, portiamo l’esempio del recente caso di acquisizione di Italo da parte del gruppo MSC e soprattutto le parole spese, dai più importanti attori dell’operazione.
Rilasciando le seguenti dichiarazioni al Sole 24 Ore, commenta l’accordo il presidente del gruppo MSC, Diego Aponte: «dimostra il nostro impegno di lunga data per l’Italia e il sostegno al trasporto ferroviario passeggeri ad alta velocità nel Paese». Inoltre, aggiunge, «“riflette l’obiettivo del nostro gruppo di sviluppare ulteriormente modalità di trasporto sostenibili, sia per i passeggeri che per le merci».
Esprime invece il presidente di Italo, Luca Cordero di Montezemolo, al QN Nazionale i grandi traguardi raggiunti: “Italo è riuscita a conquistare fette di mercato sempre più ampie nel settore dell’alta velocità, arrivando a 118 collegamenti al giorno in 51 città italiane, con 25 milioni di passeggeri all’anno e un team di oltre 1400 dipendenti, di cui la metà donne. Modello unico in Europa, studiato in tutto il mondo come esempio virtuoso di liberalizzazione del mercato. Nel nostro paese Italo ha reso possibile l’instaurarsi di una reale concorrenza, facendo sì che la domanda aumentasse del 100% e i prezzi diminuissero del 50%.”
Rimane comunque ancora oggi il controllo “monopolistico” pubblico di Ferrovie dello Stato riguardante sia gli operatori che promuovono tale servizio che la gestione dell’infrastruttura della Rete Ferroviaria Italiana. A causa di questa mancata divisione effettiva delle proprietà, lo stato ha ancora la capacità di influenzare in modo significativo il gestore della rete, rimanendo quindi ancora aperto il processo di liberalizzazione effettiva.
Nonostante sia ancora presente e attuale la forma “monopolistica” del mercato ferroviario, l’obiettivo delle politiche comunitarie, cioè quello di aprire tale mercato, ha permesso ad oggi che sui binari circolino treni di imprese ferroviarie differenti, aumentando la concorrenza sia nei servizi nazionali che internazionali; Questo in Italia è stato raggiunto in maniera soddisfacente.
Avendo il settore ferroviario un ruolo centrale e strategico all’interno dello sviluppo sociale e industriale, è sempre più importante e necessario completare il processo di liberalizzazione, non solo a livello nazionale, ma anche Comunitario.
Possiamo a ragion veduta e alla luce delle precedenti considerazioni affermare che l’esempio italiano si pone come un modello virtuoso di primaria importanza in termini di liberalizzazioni del trasporto ferroviario.
(A cura di Tommaso Sarti)